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Con uno sketchbook alla scoperta del mondo

Masse di volti di corpi di sguardi mi passano davanti. Scorrono tutti intorno a me. Per quanto mi piaccia la tranquillità di uno spazio, quando ho con me il mio sketchbook riesco a sopravvivere tra tutte le figure che si accalcano tutt’intorno. D’improvviso, quelle masse diventano la cosa più bella che si potrebbe volere. Volti che vedrai una sola volta nella vita, volti che sei destinato a reincontrare. Per un secondo si incontrano lì, e tu ne sei testimone. Lì col tuo sketchbook. E ti accorgi di amare tutto ciò. Una forma un po’ strana di amore, come se in un certo senso si potesse amare tutti, amara la forma grassa la magra amare la combinazione che fanno quando si avvicinano. Le luci sui capelli della ragazza il loro modo di tenersi le mani lo sguardo sospeso della bambina. Il biglietto che cade a terra e quel colore della pelle. Lui aveva un berretto, la pelle nera. Avrà avuto cinquant’anni. Le mani nodose si allungavano per appoggiarsi sulle ginocchia accavallate l’una sull’altra. La luce illuminava alcune parti del volto e della giacca. Lo sguardo fisso-io lo vedevo di profilo, sul sedile della metro-emanava tranquillità e sapori di un’altra epoca. O di musica. Devo averlo fissato un sacco, purtroppo in una posizione scomoda non riuscivo a prendere in mano lo sketchbook. Spesso quando non posso prendere lo sketchbook disegno col pensiero. O con il dito. muovo il dito nell’aria, senza farmi notare e lo fisso così. Ad un certo punto cambio posto, finalemente riesco a sedermi, dall’altro lato della metro, in faccia a lui. Mi guarda per un secondo sorridendomi prima di alzarsi e scendere alla sua fermata. Uno sguardo strano, come se avesse sentito i miei pensieri.

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